Cos’è il Web 3.0?

Nel nostro mondo sempre più interconnesso, il Web è il più avanzato ed efficace mezzo di comunicazione. All’inizio, con il modello Web 1.0, non c’era grande consapevolezza del fatto che lo sviluppo del Web avrebbe avuto un impatto così rivoluzionario. In breve tempo il nuovo modello Web 2.0 ha raggiunto risultati importanti: la distanza fra Web 1.0 e Web 2.0 è stata coperta in un decennio. Immediatamente, si è evoluto il nuovo modello Web 3.0.

La comparsa di tale modello ha innalzato non solo il livello di interesse ma ha fatto sorgere anche molte domande tra gli sviluppatori, gli utenti e nel mondo accademico. Cos’è? Quali sono i suoi punti di forza? In cosa differisce dal Web 2.0? Quali sono le sue implicazioni sociali, morali e riguardo alla sicurezza? Ha a che fare soltanto con la personalizzazione del servizio? Sono tutte domande che hanno reso la discussione sul Web 3.0 assai viva tra gli stakeholders.

Definizioni

Con la definizione di Web 3.0 sono stati etichettati di volta in volta concetti fra loro diversi, solo in parte sovrapponibili.

Generalmente si accosta il modello 3.0 al cosiddetto web semantico, nella definizione coniata da Tim Berners Lee in un articolo del 2002 (Berners Lee T., Hendler J., Lassila O., The Semantic Web: A new form of Web content that is meaningful to computers will unleash a revolution of new possibilities, Scientific American Special Online Issue, April 2002, pp. 24-30). Si tratta di un modello in base al quale i dati presenti in Rete saranno associati a metadati che abiliteranno l’interrogazione, l’interpretazione e l’elaborazione automatica dei contenuti, permettendo agli utenti di effettuare ricerche molto più evolute e performanti di quelle attuali.

Altri intendono il modello Web 3.0 come un potenziamento delle attuali funzionalità consentite dal Web 2.0. Al di là dell’accordo sulla definizione, è possibile affermare che se il Web 2.0 ha reso interattivo il rapporto fra utente e Rete, e quindi fra utente e utente, il Web 3.0 estenderà questo livello di interazione esponenzialmente, in una Rete che diventerà non dissimile ad un gigantesco database dove sarà possibile effettuare ricerche con un alto grado di dettaglio, bassa curva di apprendimento e attraverso la cooperazione degli utenti, e dove saranno essi stessi a generare i contenuti.

Da questa prospettiva, il concetto e lo sviluppo di un web semantico rappresentano uno strumento reso necessario dalla gestione di una grande quantità di dati presente in Rete, e dalle previsioni circa la crescita esponenziale degli stessi nel breve e medio termine, che porteranno al bisogno di gestire ed elaborare i Big Data, ovvero dati strutturati o non strutturati nell’ordine degli zettabyte. A tal proposito, le previsioni elaborate da IDC (IDC, The Digital Universe in 2020: Big Data, Bigger Digital Shadows, and Biggest Growth in the Far East, December 2012) indicano che la mole di dati in Rete crescerà stabilmente dal 2012 al 2020, fino a raggiungere i 40 zettabyte (1 zettabyte = 10²¹ byte).

Se si considera il Web 3.0 come un’ulteriore evoluzione dell’attuale modello 2.0, si vuole significare anche che in futuro l’utente potrà fruire di un’esperienza sempre più personalizzata di navigazione: secondo Dolgin (Dolgin A., Manifesto of the New Economy – Institutions and Business Models of the Digital Society, Springer : Berlin – Heidelberg 2012), “… il Web 3.0 è una sorta di motore di ricerca che, in risposta alla ricerca di un utente, fornisce una selezione personalizzata di contenuti. Il Web 3.0 è il prossimo passo dell’evoluzione di Internet dopo il Web 2.0”.

Una soluzione evolutiva considerabile come “alternativa” al web semantico è costituita dal filtraggio collaborativo (ing. Collaborative Filtering – CF). Il concetto di filtraggio collaborativo nasce nei primi anni Novanta a partire da una ricerca interna alla Xerox (Goldberg D., Nichols D., Oki B. M., Terry D., Using Collaborative Filtering to Weave an Information Tapestry, Communications of the ACM 35, 1992, pp. 61-70), circa la possibilità di rintracciare della documentazione a partire dai commenti rilasciati dagli utenti. I sistemi di filtraggio collaborativo sono già utilizzati. Un sistema di filtraggio collaborativo permette agli utenti stessi, ad esempio quelli che acquistano un prodotto, di valutare la qualità di quello che acquistano. La soggettività intrinseca in ogni valutazione personale non costituisce un fattore negativo, ma al contrario rappresenta un valore per coloro che leggono la recensione.

Il Web 3.0 si discosta dal 2.0 perché gli utenti avranno non solo la possibilità di cercare o creare contenuti, ma anche di filtrarli da soli. L’utilizzo di filtri potrebbe avere in futuro un grande potenziale di applicazione, ad esempio, nel campo specifico delle ricerche e delle introduzioni personali sulla Rete, permettendo di scegliere determinate categorie di persone da incontrare, per le finalità più disparate, in base a criteri selezionati su base sia personale che di gruppo.

Alcune considerazioni

La non condivisione circa la definizione di Web 3.0 ha tuttavia suscitato un vivace dibattito in ambito accademico e scientifico, che talvolta si spinge a rimettere in discussione i paradigmi ormai convenzionalmente accettati, anche la stessa suddivisione concettuale tra i modelli Web 1.0, 2.0, 3.0. Tale suddivisione ha validità da un punto di vista delle politiche economiche che investono la Rete, ma presenta delle limitazioni dal punto di vista metodologico e anche da una prospettiva sociologica (come ad esempio in Barrassi V., Treré E., Does Web 3.0 come after Web 2.0? Deconstructing theoretical assumptions through practice, New Media & Society 0, 2012, pp. 1-17).

In particolare:

  • i concetti di Web 1.0, 2.0 e 3.0 si basano su una conoscenza degli sviluppi della Rete che è in realtà temporanea ed evolutiva per sua stessa natura: poggiano cioè sul presupposto che i trend di sviluppo attuali si mantengano anche nel medio e lungo periodo, in una progressione lineare che non è affatto scontata;
  • nella pratica quotidiana, molto spesso la rigida schematizzazione tra Web 1.0, 2.0 e 3.0 cade a fronte dei comportamenti reali degli utenti, i quali possono utilizzare, ad esempio, metodi e tecniche considerate afferenti al Web 1.0 su piattaforme considerate afferenti al Web 2.0.

Alla luce dell’importanza che la tematica riveste per l’economia digitale del futuro, è comprensibile che sul piano teorico vi siano punti di vista differenti. Generalizzando, eccetto che per le modalità di attuazione, vi è tutto sommato un accordo sostanziale sul fatto che nel prossimo futuro gli utenti della Rete diventeranno i principali produttori e diffusori di contenuti, in un’ottica di cooperazione ed interdipendenza.

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